Paolo Mieli insieme a Andrea Favari e Christian Rocca spiegano i plus dell’informazione stampata e riflettono sul futuro dell’industria del settore. Cronache all’assemblea annuale della Federazione Carta e Grafica.
Le macchine da stampa e converting vanno bene (anzi, benissimo), ma non è una novità. Il mondo delle arti grafiche, fra alti e bassi e differenze sensibili fra un segmento e l’altro, non può ancora dirsi alla fine del tunnel, ma neppure questo ormai fa “più notizia”. Qualche informazione inedita, e incoraggiante, arriva, invece, dagli autorevoli osservatori chiamati all’assemblea annuale della Federazione Carta e Grafica, svoltasi ieri a Milano (20 giugno 2016). Claudio Covini, direttore di Assografici, ha fatto gli onori di casa all’Hotel Principe di Savoia e Pietro Lironi (Goglio), alla sua prima assemblea da presidente, ha effettuato con efficacia e pregnanza la sintesi ragionata dei dati di settore e la relazione delle molte iniziative portate avanti dalle associazioni federate. A Cristiano Militello (Striscia la Notizia), cabarettista e conduttore di lungo corso, è stato invece assegnato il compito di intervistare, stimolare e coordinare i tre ospiti famosi chiamati a ragionare sulle prospettive del mondo di riferimento. Lo ha fatto con effervescenza compassata, da super professionista, giocando con una “spalla” d’eccezione – un ironico e acuto Paolo Mieli, ex direttore del Corsera e di RCS, qui in veste di storico – e con altri due ospiti esperti: Andrea Favari, AD della Società Europea di Edizioni (Il Giornale) e Christian Rocca, direttore di IL (mensile de Il Sole-24 Ore). Il quartetto ha messo in campo esperienza, impegno e spirito per commentare il titolo dell’incontro “Più lettura, più comunicazione, più cultura”, lo slogan benaugurale “Un bambino che legge sarà un uomo che pensa” e il bellissimo aforisma di Umberto Eco: “Chi non legge a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5.000 anni […] perché la lettura è l’immortalità all’indietro”.
Lettura e cultura fra carta e digitale
Nell’assemblea delle arti grafiche, chiaramente, si è portati a “tifare” per l’informazione stampata. Sono stati divulgati con soddisfazione, dunque, i dati che documentano la stabilizzazione delle vendite di e-reader negli Usa, paese precursore di svariati fenomeni sociali e culturali, e la contemporanea ripresa della lettura su carta.
In attesa che si faccia sentire anche da noi, i grafici relativi al periodo 2000-2015 visualizzano il trend di discesa in picchiata della grafica, l’altalena della carta e della cartotecnica, e la crescita delle macchine che rappresentano il segmento più piccolo della filiera ma anche il solo in costante ascesa. Sullo sfondo, da un lato il crollo dei consumi delle famiglie (-35%), cultura in testa, e degli investimenti pubblicitari (-56% per un valore di 1,6 miliardi di euro); dall’altro la timida ripresa di alcuni indicatori di base, tipicamente della pubblicità su carta (+1,3% negli ultimi tre mesi) la voglia d’impresa e la tenace fiducia di un’industria grafica nazionale che crede nel futuro e investe in tecnologia e servizi. Ma quale tecnologia?
Mieli non ha dubbi. Formarsi e informarsi su carta – afferma con veemenza l’ex direttore del Corriere – aiuta a comprendere, crea una conoscenza meno superficiale e più duratura, insegna a organizzare contenuti e pensieri nonché le facoltà critiche collegate ecc. ecc. (il paragone, ovviamente a sfavore, è coi media digitali). Dopodiché, stuzzicato dalle domande di Militello il celebre giornalista (“Sua Santità”, scherza il conduttore) si scatena: il web è il regno del gossip e la TV non ha mai espersso grandi intellettuali; la censura delle pubblicazioni non fa che stimolare l’interesse per il male (allegare il Mein Kampf al giornale o mandare in onda un documentario sul nazismo “fa marketing”); la censura “vera” si esercita in altro modo (lo sapevate che in Qatar migliaia di operai stranieri sono privati del passaporto e costretti a lavorare fino alla morte alle opere per i Mondiali di calcio del 2022?); le idee si combattono con le idee (e per Mieli non è argomento neutro: la sua famiglia è stata decimata nei campi di concentramento)… Ma queste sono altre storie.
Modelli di business: qualche spunto
Favari e Rocca, interrogati sul futuro della carta stampata, citano alcuni esempi di innovazione sui media di massa, coronati da successi o da insuccessi nient’affatto scontati. La tesi di fondo è che siamo ancora in piena transizione dall’era di Gutemberg a quella del cross media, ancora ben lontani dall’avere individuato dei nuovi modelli (profittevoli) di riferimento. Ma una cosa è chiara: se vogliamo contrastare una discesa che sembra non fermarsi dobbiamo sperimentare, e provarci sul serio.
Imprescindibile condizione di successo, precisano infatti gli esperti, è fare ciò che si fa fare meglio, puntando sempre e comunque sulla qualità dei contenuti e la corretta profilazione dei target, anche se le cose a volte non sono semplici da interpretare… Lo mostrano, ad esempio, l’esperienza vincente di “The Guardian” che ha sposato una politica digital first e di eccellenza giornalistica, affermandosi rapidamente come primo sito e notiziario online, e quella di “Le Monde”, anch’esso salvato dall’orlo del fallimento dalla qualità dell’informazione che però, in questo caso, su carta, e con una veste grafica “alto di gamma”. Lo mostrano anche, sul fronte dei periodici, il successo di pubblico e di mercato de “L’Internazionale”, citato come significativo della coerenza fra contenuti e cultura del lettore e, più in generale, delle molte pubblicazioni di nicchia che si affermano come il mezzo di riferimento nei rispettivi campi di interessi.
Per molti versi vale anche per la pletora di piccoli giornali indipendenti, su cui si aggiunge un commento particolarmente stimolante: se ci si esercita a sommare le molte piccole tirature della stampa cosiddetta minore eccoci tornare ai numeri “di una volta”.
Concludendo?
Il lettore medio non esiste (o, meglio, per lui c’è Internet), sintetizza Rota. Per gli altri ci sono infinte possibilità di mezzo fatto bene, con una carta preziosa e contenuti di qualità. Da inventare facendosi forti di tutto quello che abbiamo imparato in un passato che non va certo dimenticato ma casomai fatto vivere nell’oggi.