Linda Liguori, esperta di brand naming, rifà la storia del logo Kodak e racconta la sua ultima rivisitazione: un contributo da godere, regalo “fuori programma” di questo inizio estate.
Kodak: un brand storico, un logo nuovo, un pensiero all’avanguardia già nel 1887. Lui, l’artefice, è George Eastman, che sul piano tecnico inventa la prima macchina fotografica per non professionisti, e sul piano del naming formula una riflessione pioneristica, raffinata e rivoluzionaria.
Il nome senza significato della macchina per tutti
La fotografia è appena nata e Eastman, ex impiegato di banca amante della fotografia crea una macchina a pellicola che sta in una mano e si può ricaricare rispedendo la macchina in fabbrica. Nasce la Eastman Kodak Company, con un logo che ne rappresenta la sigla, e nel 1888 il brand name Kodak viene registrato come marchio. La fotografia diventa più facile e più accessibile, e anche il nome Kodak viene pensato con questi criteri. Ecco le parole del creatore: «Sapevo intuitivamente che un nome commerciale doveva essere breve, forte e facile da pronunciare. Inoltre per soddisfare le leggi sulla protezione dei marchi, era meglio un nome senza significato … mi è sempre piaciuta la lettera K. Mi sembrava molto forte e incisiva. Il nome che cercavo doveva assolutamente iniziare con una K. Mi sono messo a cercare quindi tutte le combinazioni possibili di lettere che potevano formare una parola con inizio e fine in K».
Stesso suono in tutti le lingue
Aveva tutto ben chiaro in testa: anticipando internet e la brama dei nomi corti si è orientato su un bisillabo. Ha scelto la K, una consonante forte e particolare sia per l’occhio che per l’orecchio e in 5 lettere ce l’ha messa 2 volte. Ha dato priorità alla fonetica, al ritmo e al fonosimbolismo, piuttosto che alla semantica, orientandosi su vocali che non presentano problemi o forti disparità di pronuncia nelle lingue occidentali, a differenza di I, E ed U che si leggono diversamente in italiano e francese rispetto all’inglese. Così tutti pronunciano codak e il risultato è un suono secco, asciutto, che non somiglia a nulla di esistente ma suggerisce praticità, efficacia, facilità ed è mimetico del suono dello scatto. Un nome quasi palindromo, quasi onomatopeico, che è riuscito a evitare la volgarizzazione e ha toccato tre secoli tra vicende più e meno fortunate.
Il nuovo logo
Il logo appena rivisitato (presentato a fine 2016, Ndr) ricalca quello adottato tra il 1971 e il 2006, prima della svolta unicamente verbale dell’ultimo logo di Ogilvy & Mather che ha annullato parte dell’iconicità puntando su un lettering morbido e su un feeling “molto web”. Si riprende l’icona della K nata nel 1971 e tornano i colori giallo e rosso introdotti intorno al 1930. E ritorna la forma super riconoscibile e registrata nella testa di tutti: quel rettangolo che sembra un otturatore con due fasci di luce gialla nei bracci della K, che riporta il tutto all’ambito fotografico. Il nome inscritto nel logo non è più orizzontale, ma per la prima volta è scritto in verticale e con lettere maiuscole, e richiama i fori laterali delle pellicole tradizionali, con un font in odore di vintage.
Il gioco dei tempi Una moderna nostalgia ha detto Dany Atkins, brand director di Kodak. Insomma, un ritorno al passato per rinfrescare il brand. E per accompagnare il lancio di Ektra… la nuova “macchina fotografica per tutti”.