Come affrontare la concorrenza asiatica e costruire una politica di sviluppo a medio-lungo termine. Secondo Davide Garavaglia, AD Bobst Italia, per il mondo del package printing e converting l’anno in corso sarà positivo. Perché, come e dove ce lo racconta in questa intervista.

Davide Garavaglia, AD Bobst Italia
Mai come ora è evidente che le sorti del mercato sono solo in parte nelle mani delle imprese e, in larga misura, dipendono piuttosto da fattori geo-politici che scarsamente possiamo influenzare. Questa la premessa del ragionamento sui mercati che Davide Garavaglia, AD Bobst Italia, si è prestato a sviluppare a beneficio dei lettori di Converting magazine. Lanciando, però, subito dopo un messaggio positivo, sostenuto da un’analisi concreta e documentata di fatti e dati, che restituisce alle aziende il loro destino e illustra la visione e la strategia del grande gruppo elvetico.
Dottor Garavaglia, tutti guardano con preoccupazione al futuro prossimo della nostra industria, così fortemente export oriented e soggetta a pressioni di varia natura, mentre lei prospetta un anno di sviluppo. In barba ai dazi di Trump, alle difficoltà dell’Europa e alla concorrenza cinese?
Che questo inizio d’anno non sia facile per tante aziende – e penso più agli utilizzatori che ai fornitori di macchine da stampa e converting – è evidente, tuttavia bisogna leggere il mercato con attenzione. Se vuole partire dagli Stati Uniti, ciò che in Bobst stiamo notando è un cambiamento nella predisposizione all’acquisto di molti clienti. Prospettando una crescita dei consumi le imprese stanno investendo per aumentare la produttività. Quanto ai dazi, non mi aspetto che colpiscano i costruttori di macchine di cui gli americani hanno bisogno, visto che non hanno una grande industria nazionale. Se confermati, potrebbero piuttosto creare problemi ai fornitori di materiali come, tipicamente, l’alluminio; anche in questo caso, però, non mi aspetto contraccolpi sui nostri clienti americani. Tutto considerato, per noi potrebbe trattarsi di un gioco a somma positiva.
E in Europa? Cosa sta accadendo?
Nel 2023 in Europa l’imballaggio flessibile è calato del 7%, con un recupero solo parziale nel 2024 (dati Flexible Packaging Europe). Si deve alla spinta inflazionistica che ha determinato un calo nella domanda di beni di consumo a maggior valore, con packaging ad alto contenuto tecnologico. Di conseguenza negli ultimi due anni i brand e, a monte, i converter non hanno avuto bisogno di acquistare nuovi macchinari per potenziare l’output…
È un fenomeno in lenta regressione controbilanciato da una spinta contraria, a sostegno degli investimenti in impianti industriali, dovuta al fatto che le nuove normative sulla gestione sostenibile del packaging impongono grandi cambiamenti tecnologici. Nel valutare le tendenze di mercato in atto occorre, infine, considerare che a seguito del processo di concentrazione in atto su scala globale fra i converter – in Europa Constantia Flexibles-Aluflexpack e negli USA Toppan-Sonoco, per fare due esempi recenti si riducono gli acquisti di nuovi macchinari per ottimizzare, anzitutto, l’esistente.
In Bobst in questi anni avete lavorato moltissimo insieme ai partner di filiera per mettere a punto nuovi materiali più sostenibili e tutto ciò che serve a produrli: supporti, macchine, componenti, consumabili… Sono risultati ancora validi o scontate anche voi l’obsolescenza di cui parlava prima?
Sono validissimi! Anzi, iniziamo a vederli nei supermercati adottati dai brand più avanzati sul terreno della sostenibilità. Ciò che impone oggi il PPWR era in pentola da anni e, sebbene molti aspetti della legge siano stati modificati per moderare eccessi di ideologia, la direzione è tracciata da tempo e le imprese che hanno preso sul serio l’obiettivo di transitare a un modello di economia circolare oggi si trovano in netto vantaggio. Anche Bobst.
Dunque in Bobst continuerete a investire in sostenibilità?
Certamente, e forse anche di più. Il futuro, di tutta la filiera, è creare nuove tecnologie che rispondano alle nuove esigenze della società. E questo orientamento, fra l’altro, è quello che ci distingue anche dalla concorrenza sempre più pressante dei fornitori asiatici.
Ma anche in Asia si parla ormai da tempo di sostenibilità…
Sì, ma non è intesa alla nostra maniera… Prenda la Cina: il Governo ha fissato obiettivi molto ambiziosi che però si traducono principalmente nella riduzione delle emissioni di VOC. Significa, ad esempio, prestare molta attenzione al trattamento delle emissioni di inquinanti in atmosfera, ma molto meno al risparmio energetico, al fine vita di materiali e manufatti e, in quest’ambito, alla raccolta e smaltimento, in varie forme, dei rifiuti di imballaggio… Si tratta di altre prospettive e altre regole. Essere all’avanguardia come lo siamo noi su questo terremo è comunque un vantaggio, ma per ora in Asia o negli Usa il cliente comprerà delle macchine più tradizionali.
Come si configura il rapporto con quest’area del mondo? Per i nostri operatori si tratta di concorrenza o di mercati di sbocco?
Ci sono, appunto, due aspetti. Il primo è la crescita costante della domanda di merci confezionate, trainata dalla grande crescita della popolazione in aree come l’India e il Sud Est Asiatico, o dall’ancora importante flusso di inurbamento in Cina. Questo ha sviluppato un’industria di macchine locali, che hanno affinato la tecnologia e oggi competono, a prezzi imbattibili, con il nostro basso di gamma. Le importazioni dall’occidente sono ormai circoscritte all’alto di gamma e alle applicazioni speciali che i nostri concorrenti orientali non sanno ancora padroneggiare.
È possibile contrastare questa tendenza?
Sì, promuovendo le nostre macchine non più come Made in Italy o Made in Germany, ma come Made in Europe. Per evitare di farci concorrenza fra di noi e per comunicare con chiarezza (gli altri non lo sanno!) che ciò che arriva da questa parte di mondo è frutto della collaborazione di tanti Paesi in un’area, l’Eurozona, dove vige la libera circolazione delle merci.
E come affrontare, invece, la concorrenza asiatica sui nostri mercati? Secondo alcuni operatori il gap nella capacità di servizio è ciò che ci salverà, secondo altri è la collaborazione di filiera, per altri ancora la nostra capacità di innovazione…
Anzitutto, dovremmo mettere in campo sistemi adeguati di protezione della nostra proprietà intellettuale. Quanto al resto, non punterei su una minore capacità di servizio che in tempi neppure tanto lunghi è facile da superare, quanto piuttosto sulla nostra capacità di innovazione che, come mostra anche la nostra esperienza diretta in Monferrato, è il risultato di un lavoro lungo e complesso, che coinvolge i partner tecnologici e gli utilizzatori e richiede anni di investimenti. Non produce aggiornamenti hardware ma riguarda il modo in cui la macchina funziona con i vari materiali e nelle diverse condizioni operative, dunque è innovazione di processo. Non si può riprodurre e richiede lo stesso tempo e gli stessi investimenti che abbiamo messo in campo noi, in anticipo di anni.
È del 2019 l’annuncio dei 4 “pillar” su cui Bobst basa il proprio sviluppo: connettività, digitalizzazione, automazione e sostenibilità. Lei ne sta confermando la validità. Può fare qualche esempio concreto di innovazione guidata da questi principi?
Sono tantissimi… Prenda l’uso delle telecamere: in Oriente ne costruiscono di avanzatissime ma noi le abbiamo impiegate insieme a software di IA per digitalizzare immagini prima rilevate dall’operatore, e consentire alla macchina di prendere delle decisioni operative in autonomia. Un po’ come accade nell’automotive con la guida autonoma rispetto al cambio manuale. Un altro esempio riguarda le macchine da stampa rotocalco dove abbiamo digitalizzato tutte le nostre conoscenze sul processo e ora siamo in grado, anche su lavori mai effettuati prima, di regolare la macchina in automatico in modo da ottenere le prestazioni migliori possibili.
Anche grazie ad avanzamenti come questo, la rotocalco è in grado di recuperare il gap con la flexo, che con le vecchie tecnologie rischia di marginalizzarla, e di tornare a quella imbattibile competitività sulle lunghe tirature che ne hanno fatto un pilastro di qualità e ripetibilità. Nell’OH di aprile mostreremo qualcosa di molto interessante.