… perché sono bio, amiche dell’ambiente e, in misura crescente, anche dell’industria. Caratteristiche, funzioni e limiti di una categoria di materiali a cui si guarda con grande attenzione.
Plastiche alternative, bioplastiche, plastiche green, naturali… sono moltissimi i termini utilizzati per designare i materiali da imballaggio con proprietà funzionali ed estetiche comparabili con quelle delle plastiche “tradizionali” di origine fossile MA con un impatto sull’ambiente, soprattutto a fine vita, più limitato. Con il proliferare di nomi è aumentata la confusione, anche nei circuiti professionali che invece, ora più che mai, hanno bisogno di chiarezza. Per questo ho rivolto le mie 10 domande a Luca Bianconi, presidente di Assobioplastiche, che ci aiuta a capire quali sono queste pastiche, perché sono bio e quali sono, attualmente, le loro prerogative. E anche a fare chiarezza su alcuni temi caldi, come la loro sicurezza sul piano della salute, il possibile impatto sulla catena alimentare, l’impianto regolatorio.
Cosa sono le bioplastiche?
Il termine “bioplastica” indica in modo semplicistico una pluralità di polimeri molto diversi tra loro in termini di materia prima utilizzata e di fine vita. Una diversità talmente accentuata che a fronte di una semplificazione linguistica comporta spesso molta confusione proprio a causa del prefisso -bio. Per esempio, European Bioplastic la definisce come un tipo di plastica che può derivare (parzialmente o interamente) da biomassa, oppure derivare interamente da materie prime non rinnovabili ed essere biodegradabile, oppure ancora, derivare (parzialmente o interamente) da biomassa ed essere biodegradabile. Assobioplastiche, invece, per bioplastica intende quel materiale e quel manufatto – sia proveniente da fonti rinnovabili sia di origine fossile – che ha la caratteristica di essere biodegradabile e compostabile. In questo caso il termine indica in modo chiaro quei prodotti che nel fine vita garantiscono la riciclabilità organica certificata in diversi ambienti (es. compostaggio, digestione anaerobica).
Cosa significano biodegradabilità e compostabilità?
La biodegradabilità è la capacità di sostanze e materiali organici di essere degradati in sostanze più semplici mediante l’attività enzimatica di microorganismi. La compostabilità è la capacità di un prodotto o di un imballaggio di trasformarsi in compost mediante il processo di compostaggio presso impianti industriali dedicati. La proprietà di compostabilità è definita e verificata in virtù della norma UNI EN 13432:2002 ove sono elencate le caratteristiche che un prodotto deve possedere per potersi definire compostabile.
Le bioplastiche sono riciclabili?
Il circuito di riciclo delle bioplastiche compostabili è quello dell’umido domestico ed è in tale contesto che va inquadrato il valore aggiunto, anche ambientale, di tali manufatti. Si parla in questo caso di riciclo organico. L’Associazione sin dalla sua costituzione, quindi dal 2011, si è battuta affinché le bioplastiche utilizzate nei prodotti di consumo e negli imballaggi fossero compostabili, in modo da indicare con chiarezza e certezza al cittadino il circuito di raccolta differenziata (vanno conferiti assieme alla frazione organica) e riciclo (presso gli impianti di compostaggio e digestione anaerobica).
Se derivano da risorse rinnovabili, magari agrochimiche, hanno un impatto sul suolo e di conseguenza sulla catena alimentare?
European Bioplastic ci ricorda che la coltivazione di cibo, mangimi e pascoli rappresenta circa il 97% dell’area agricola globale, mentre la biomassa coltivata per scopi industriali rappresenta circa il 2% e solo lo 0,01% circa è oggi attribuibile alle bioplastiche. Se facciamo invece riferimento all’inquinamento da microplastiche, alcuni studi hanno analizzato il compost prodotto in impianti in cui in ingresso vi erano manufatti plastici compostabili, e dimostrato l’assenza di microplastiche.
Infine, a proposito del contributo alla formazione di compost, utile ammendante agricolo con effetti benefici sul suolo, la plastica biodegradabile compostabile è a tutti gli effetti una fonte di carbonio ed energia con un tasso di biodegradazione intermedio tra molecole semplici (es. zuccheri, acidi organici) e lignina: per i non addetti ai lavori ciò significa che ha un ruolo preciso nel processo che porta alla produzione di compost di qualità utile, come già sottolineato, a mantenere sostanza organica nei suoli.
Perché e su che basi sono da considerare più sostenibili?
I benefici ambientali connessi all’utilizzo di bioplastiche biodegradabili e compostabili sono molteplici e vanno dalla rinnovabilità delle materie prime sino alla garanzia della qualità della frazione umida e, quindi, del compost da utilizzare come ammendante per il suolo.
L’approvvigionamento sostenibile delle materie prime è un prerequisito per prodotti più sostenibili. Molte fonti documentali di European Bioplastic evidenziano che l’impegno nella tracciabilità lungo la supply chain, al fine di evitare impatti negativi come deforestazione e cattive pratiche agricole, è una pratica diffusa. Per esempio, molte realtà applicano lo standard ISCC, un sistema di certificazione della sostenibilità legato ai Sustainable Development Goals (SDGs) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e, in particolare, all’obiettivo 12, volto a garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo.
C’è una limitazione tecnologica per l’utilizzo di bioplastiche?
La filiera delle bioplastiche è relativamente giovane e la ricerca e sviluppo di nuove applicazioni sempre più performanti è un impegno quotidiano da parte delle aziende che scommettono proprio sulla sostenibilità di tali materiali. Quindi esistono ancora grandi margini di miglioramento.
Per quanto riguarda, invece, il fine vita l’Italia vanta un consolidato sistema di trattamento dei flussi organici garantendone il recupero presso gli impianti dedicati di compostaggio e digestione anaerobica. Alcuni non si sono ancora ammodernati adottando le tecnologie capaci di valorizzare non solo il recupero di energia ossia la componente del biogas, ma anche la componente del digestato per ottenere compost di qualità. In questo caso le tecnologie sono già disponibili, ma l’iter autorizzativo di adeguamento è più complicato per le note problematiche che affliggono la gestione dei rifiuti in Italia.
Come la sostenibilità delle bioplastiche si deve coniugare con la sicurezza in applicazioni a contatto alimentare o nei cosmetici, per esempio?
L’utilizzo delle bioplastiche nei vari settori è sottoposto a tutte le analisi e verifiche necessarie per la sicurezza dei consumatori qualsiasi ne sia l’impiego, esattamente come per le plastiche tradizionali e altri materiali utilizzati per contatto alimentare. Quindi a nostro avviso è un problema che non sussiste. Anzi, il loro impiego risponde alla risoluzione di alcune criticità delle applicazioni a contatto alimentare permettendone il riciclo organico insieme con i residui alimentari.
Il loro utilizzo con materiali cartacei può essere definito come una “buona accoppiata”?
A nostro avviso, assolutamente sì considerando l’intero ciclo di vita dei manufatti. Pensiamo ai cosiddetti “poliaccoppiati”: se entrano nel circuito della raccolta e riciclo della carta la bioplastica non crea alcun problema come la plastica tradizionale; se entrano nel circuito della raccolta e riciclo dell’organico in quanto certificati compostabili secondo la EN 13432 garantiscono il medesimo comportamento in impianto in quanto, come evidenziato sopra, hanno le stesse caratteristiche in termini di biodegradabilità.
In Italia vantiamo una notevole esperienza e know how a livello mondiale abbinata all’esistenza di Assobioplastiche e anche alla recente creazione del consorzio Biorepack. Quali sono gli obiettivi e i vantaggi?
L’essere all’avanguardia nella raccolta e recupero dell’organico ha senza dubbio contribuito allo sviluppo del settore delle bioplastiche, che senza questo circuito di valorizzazione resterebbero sì plastiche biobased ma perderebbero quei benefici in termini di riduzione dell’impronta ambientale garantiti dal riciclo organico. L’Italia vanta anche il primo sistema europeo di responsabilità estesa del produttore (EPR) dedicato agli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile certificati EN 13432: il Consorzio Biorepack. Il vantaggio di avere un sistema riconosciuto di EPR è dato dal fatto che la filiera può così contribuire in modo trasparente e coerente alla transizione verde e circolare giocando un ruolo decisivo in quella che dalla legislazione italiana è declinata come “responsabilità condivisa”.
Qual è la prospettiva futura a livello regolatorio e di mercato?
Come per tutti i settori produttivi, stiamo vivendo un periodo di forti incertezze in termini di approvvigionamento di materie prime e di aumenti dei costi sia dei granuli sia dell’energia. Sul lato regolatorio, invece, attendiamo di vedere gli sviluppi relativi al recepimento italiano della direttiva europea sulla plastica monouso (Single Use Plastic). Ci auguriamo che la Commissione europea accetti la risposta del nostro Governo al parere del dicembre 2021 e accetti la posizione dell’Italia che consente l’utilizzo di manufatti monouso biodegradabili e compostabili.
Chi è Luca Bianconi
Presidente di Assobioplastiche, dal 1995 è titolare di Polycart, azienda attiva nella produzione di imballaggi flessibili in plastica compostabile e materiali biodegradabili.
In Polycart ha guidato il processo di riconversione della produzione con l’utilizzo di materiali biodegradabili e compostabili destinati alla GDO e con lo sviluppo di film speciali per packaging, compostabili innovativi, destinati a diversi settori e applicazioni industriali e food contact. Nel 2019 crea la newco BioPlastic Recycling che si occupa di recupero e valorizzazione di sottoprodotti.
Dal 2012 è membro del CdA di Assobioplastiche dove ricopre la carica di tesoriere fino al 2021, quando viene eletto presidente dell’Associazione. Assobioplastiche, Associazione italiana dei materiali biodegradabili e compostabili, è stata costituita nel 2011 e rappresenta le imprese operanti in Italia ed all’estero nella produzione di polimeri biodegradabili e di prodotti finiti e nella gestione del fine vita dei manufatti realizzati con bioplastiche.