Retribuzione, tecnologie, formazione, management… Cosa conta per i “commerciali” nel valutare la proposta di collaborazione di un etichettificio? Giulio Muro, head hunter & rectruitment consultant presso Profili Srl e autore di una survey rivolta ai talenti del labeling, spiega come trovare (e fidelizzare) le persone giuste.
Cosa distingue il venditore-tipo che opera nel labeling? Cosa cerca e che tipo di valore aggiunto può offrire? E di cosa ha bisogno “veramente” un etichettificio quando progetta obiettivi e azioni di sviluppo? Giulio Muro, esperto in talent acquisition & retention nel settore etichette, consulente di Profili Srl, ha condotto un’indagine per capire come stanno cambiando le figure commerciali in questo settore. La sintesi ragionata dei risultati (v. box sottostante) offre spunti interessanti sia alle imprese che cercano personale sia agli stessi addetti alle vendite. Muro li commenta in questa intervista.
[toggle title=”Label Sales Survey” load=”hide”]
Ideata da Giulio Muro per Profili, col sottotitolo “Indagine sulle principali variabili di talent acquisition & retention nel settore etichette”, la Label Sales Survey è stata realizzata a fine 2021 “in tempo di pandemia e new ways of working” sulla base di dati raccolti fra maggio e agosto. Hanno risposto al questionario 53 professionisti con varia anzianità di servizio, per metà funzionari, un quarto agenti e per il resto responsabili commerciali e direttori vendite.
L’indagine è stata stimolata dal ruolo sempre più preminente che assumono le persone, in questo caso con funzioni commerciali, nella costruzione di un posizionamento competitivo, e presenta risultati a volte sorprendenti. A partire dalle variabili più attrattive per i talenti che operano nel settore labels.
Clicca qui per accedere alla ricerca integrale.
[/toggle]
Dottor Muro, un venditore è un venditore. Se è bravo, è in grado di lavorare con successo in qualunque mercato. O no?
Visto che lavoro per una società di recruiting non generalista, che opera solo in alcune aree di competenze ben definite e mette in campo solo consulenti specializzati su singoli mercati, direi che non si può rispondere con un sì o un no “secchi”.
Provocazioni a parte, cosa distingue il venditore che lavora per un etichettificio?
È chiaro che le mansioni commerciali hanno una serie di competenze in comune, ma ciascun mercato ha le sue peculiarità, definite dalle dimensioni e dislocazione delle imprese sul territorio, dai canali commerciali e dall’importanza e direzione dell’export, dalle tecnologie impiegate, dalle problematiche peculiari di ciascuna industria, dalla cultura manageriale dominante sia nei fornitori sia nei clienti, dal tipo di marketing e comunicazione mainstream e così via. Conoscere e sapersi muovere in ciascun universo concreto fa la differenza di capacità specifiche e, anche se il labeling è un mondo variegato, con differenze notevoli a seconda dei mercati di sbocco serviti – wine&spirits, industriale, cosmofarma…. – ha delle chiare specificità. A partire dal fatto che la qualità dell’offerta e il livello tecnologico sono precondizioni (sine qua non) per restare sul mercato e che, dunque, la competitività si gioca altrove. Detto altrimenti, venditori di etichette non ci si improvvisa, anche se per operare con efficacia, gli occorrono senz’altro anche dei requisiti “orizzontali”.
Per esempio?
In primis l’attitudine ad aggiornarsi costantemente sull’evoluzione della propria industria, prerogativa indispensabile per poter fare sviluppo, e la capacità correlata di usare i nuovi strumenti disponibili. Se, ad esempio, il professionista che sto monitorando non ha il profilo Linkedin, qualche dubbio sulla sua efficacia e proattività mi viene: significa che non ha accesso a una miniera di informazioni e potenziali contatti e, soprattutto, che non l’ha capito…
Perché ha progettato e condotto la survey sul labeling?
Poiché svolgo un’attività di tipo consulenziale, volevo capire più nel dettaglio quali sono le variabili che una figura commerciale attiva nel settore etichette va a valutare quando deve decidere se restare nella stessa azienda o cambiare.
E cosa ha scoperto?
Uno degli aspetti importanti, e poco considerato, è la formazione. Oggi più che mai, in un mondo che cambia così rapidamente, i nostri intervistati chiedono al datore di lavoro formazione continua – sia sulle tecnologie tipiche del labeling sia sugli strumenti e le tecniche di vendita. Insomma, se il livello retributivo è importante, lo è ancora di più poter lavorare in un’azienda che ti dà gli strumenti, oggi sempre più sofisticati, per restare aggiornati.
Sono emersi altri requisiti rilevanti nella valutazione di un’offerta di lavoro?
Lo spazio di autonomia e la prospettiva di percorso, tanto nella piccola e piccolissima impresa a gestione padronale – dove il rischio è di nascere e “morire” sempre nello stesso ruolo e nello stesso piccolo mercato – quanto nel grande gruppo manageriale. Qui cambia il contesto ma si rischia ugualmente di restare bloccati: in una posizione rigidamente perimetrata, da procedure rigorosamente formalizzate, da budget predefiniti. In entrambi i casi può mancare la prospettiva.
Dunque, nell’acquisizione di talenti la cultura gestionale dell’etichettificio svolge un ruolo importante?
Senza dubbio. Anche limitandoci a considerare gli etichettifici italiani con una struttura più pienamente industriale e una capacità di progettare il proprio sviluppo, vediamo che si tratta perlopiù di realtà a conduzione famigliare, dove la cultura manageriale ancora fatica a farsi strada (anche se ci sono splendide eccezioni, con cui è un vero piacere lavorare e confrontarsi). I limiti specifici impattano soprattutto sulla gestione delle risorse umane e si traducono, per fare un esempio tipicissimo, nell’idea che “per crescere si comprano nuove macchine”. Beh, oggi non basta più. Occorre affrontare gli snodi cruciali di cui tutti parlano e pochi considerano seriamente: lavorare con lungimiranza al passaggio generazionale, organizzare con chiarezza il lavoro per funzioni, adottare un modello di direzione basato per la condivisione delle informazioni e la valorizzazione dei talenti… Insomma diverse cose molto difficili ma indispensabili, che aprono un’impresa al futuro e la rendono attrattiva ai famosi talenti che, oggi più che mai, fanno la differenza in qualsiasi attività.
Il labeling è un mondo in movimento, che cresce a dispetto della pandemia, vive una stagione di riassetto strutturale a suon di acquisizioni e fusioni ed è interessato da molti altri cambiamenti. Che cosa chiedono oggi a voi recruiter gli imprenditori di questo settore?
Anzitutto consulenza: non un elenco di nomi e CV ma profili coerenti con i propri bisogni. Per poterli fornire devo capire insieme al mio committente quali sono questi bisogni, dove cercare le risorse necessarie, come attrarle nella sua azienda specifica, se e quando allargare il raggio della selezione a nuovi soggetti (esempio tipico: dai soli agenti ai candidati che aspirano a un ruolo organico)…. Quest’ultimo è un consiglio ad ampliare la prospettiva, che mi sento di rivolgere a tutti, venditori compresi: ogni tanto provate a guardare il vostro mercato e il vostro lavoro con gli occhi di un neofita, mettendo da parte per un istante tutto quello che avete imparato finora. È un esercizio premiante.
[toggle title=”Profili” load=”hide”]
Profili è una società di consulenza specializzata in Ricerca e Selezione del Personale, che opera tramite propri consulenti. Quattro le aree di specializzazione, che corrispondono alle divisioni interne dedicate ai Profili Commerciali, Tecnici, Amministrazione&Finanza ed Estero, quest’ultima per le ricerche di professionisti interessati a lavorare o coprire territori extra Italia. Profili ha una consolidata esperienza nel Labeling, Cartotecnica, Tissue e si propone alle aziende come partner, in un rapporto personalizzato e mirato su obiettivi condivisi. «Fiducia, impegno reciproco e competenze definiscono il posizionamento di Profili nel recruiting», dichiara Andrea Giusti, titolare di seconda generazione oltre che fondatore e past president di Assocrescita.
[/toggle]