Bandita ogni contrapposizione astratta fra carta e web, il futuro della comunicazione (anche d’affari) sarà sempre più affidato a un mix equilibrato di mezzi digitali e stampati. Se ne è parlato, a fine giugno, durante l’assemblea annuale della Federazione della Filiera carta e grafica.
La filiera grafica stila un bilancio 2011 che documenta le difficoltà dei comparti editoriale e degli stampati commerciali e pubblicitari, mentre la cartotecnica “tiene”; l’industria cartaria ha vissuto un ciclo moderatamente positivo fino a giugno, seguito da un’inversione di rotta; i costruttori di macchine crescono ancora, grazie all’export. I dati che disegnano il profilo dei settori grafico-editoriale, cartario, cartotecnico e della trasformazione, rappresentati dalla Federazione confindustriale che raggruppa Assografici, Assocarta e Acimga, non presentano sorprese, documentando un percorso che da un lato risente delle incertezze di ordine economico e politico, e dall’altro vive una fase di grandi cambiamenti. Se ne è parlato lo scorso 26 giugno a Milano, in occasione dell’assemblea annuale della Federazione, dove i dati statistici sono stati commentati dal presidente in carica, Felice Rossini, e dove ci si è soffermati ad analizzare e discutere l’andamento dei media vecchi e nuovi, per offrire agli imprenditori del settore indicazioni sul futuro degli investimenti pubblicitari e della produzione editoriale. Al cuore della discussione degli esperti, come è nello spirito dei tempi, il confronto fra comunicazione “cartacea” e comunicazione “digitale” che, nella pratica, sono e saranno sempre più, di fatto, complementari. Base di partenza, una ricerca condotta da Lorien Consulting (ne ha offerto una sintesi ragionata l’AD Antonio Valente, noto sociologo, ricercatore e specialista di marketing politico) sulla base di dati Print Power integrati da un’indagine della Federazione sulla percezione degli editori.
Carta e new media sono complementari
La lettura del mondo dei media – under e below the line, cartacei e non – è partita, dunque, dai fenomeni rilevati da Lorien Consulting. Il parere espresso, a vario titolo, in tutti gli interventi (dopo Valente hanno parlato Giuseppe Cogliolo, vice chairman McCann Worldgroup; Alceo Rapagna, chief digital officer RCS Media Group e Carlo Emanuele Bona, vice presidente Vicenzobona e AD Promedia, “moderati” da Armando Garosci di Largo Consumo) è chiaro: se è indubbio il ruolo centrale della carta nell’advertising, è altrettanto vero che oggi lettori e consumatori sono multimediali e multicanale. Chiunque faccia comunicazione, B2B o B2C, non può ignorarlo, nonostante (accenna lo stesso Valente) le difficoltà a misurare con certezza il ritorno di un investimento pubblicitario sul web.
Ma di cosa stiamo parlando? Di un mercato, quello pubblicitario, che vale circa 9,3 miliardi di euro e che per il 33,8% è indirizzato su carta, così articolato: il 15,9% degli investimenti interessa media cartacei above the line (periodici 8,4%, quotidiani 7,5%) e il 17,9% supporti below the line: leaflet/brochure/cartoline/depliant 7,2%; direct mail 3%; materiale espositivo/packaging 2,9%; cataloghi 2,7%; comunicazione corporate e bilanci 1,3%; directories/elenchi e annuari 0,8%.
Evidente, dunque, che nessun comunicatore può oggi evitare di integrare i propri media cartacei con il web; questa sinergia riguarda sia i quotidiani, i periodici e gli stampati pubblicitari e commerciali, sia la produzione editoriale. Infatti, solo il 9% dei comunicatori oggi opera solo su supporti di carta, mentre l’87,2% investe sia su carta sia su altri mezzi (solo il 3,8%, invece, usa solo altri supporti). Questo equilibrio tende a stabilizzarsi: nei prossimi 12 mesi chi mantiene l’attuale rapporto fra carta e web aumenterà del 10,8% (passando al 78,9%), a spese del web. Ancora una volta, però, la ricerca Lorien evidenza la complementarietà, più che l’opposizione, dei due tipi di media. Guardando, ad esempio, al comportamento dei lettori di quotidiani, si evidenzia come il mezzo cartaceo funga da traino per la lettura online e come, più in generale, un tipo di mezzo rimandi all’altro e viceversa.
Nell’ambito di una disamina puntuale dei punti di forza e debolezza percepiti dei diversi media (dove, fra l’altro, emergono le peculiarità del packaging e del materiale POP, di cui si percepisce con chiarezza, accanto alle normali caratteristiche di un media, la multisensorialità, la valenza emozionale, la plasmabilità e vari altri plus specifici), si stima che oggi internet assorba, in media, l’8,1% dei budget aziendali in comunicazione, e che sia apprezzato dalle aziende essenzialmente per l’economicità e dai centri media ora per il basso costo ora per la targettizzazione dei messaggi o l’efficacia.
Il valore del contenuto
Il panel di esperti ha riportato la propria esperienza e ha offerto molti elementi di riflessione stimolanti, sottolineando la necessità imprescindibile di mettere in campo tutto e subito – informazioni e interazione, modi e mezzi – abbattendo i vecchi steccati e adottando flussi orizzontali. Perché senza contenuti non si cattura l’attenzione di nessuno, perché la loro “forma” deve essere molteplice (audio, video, scritta e altro ancora) e perché occorre sfruttare tutti i canali, dato che ciascuno di essi soddisfa un bisogno specifico. Un esempio efficace è riportato da Rapagna: "su una rivista vedo la foto di un abito che mi piace, la strappo e la porto con me; quando la ritrovo dove poter sapere subito di che abito si tratta e dove si vende. Tutto ciò che si frappone fra me e questo obiettivo è da superare: il sito internet in costruzione, il centralino del produttore che non sa, il negoziante che non è informato… Oggi con un codice leggibile ovunque tramite cellulare passo dalla carta stampata al negozio, just in time. E gli ingredienti ci sono tutti: il prodotto, la sua immagine, il modo per arrivare subito a fare l’esperienza che cerco, che sia l’acquisto o il racconto del prodotto".
Sul bisogno di contenuti gli ospiti della Federazione convergono. Cogliolo, fra l’altro, ha evidenziato come componenti-chiave di un messaggio-prodotto editoriale innovativo e pregnante, l’engagement, ossia dalla capacità di attrarre in un mondo denso di sollecitazioni, e la qualità dello “story telling” ossia del contenuto (appunto). Rapagna ha sottolineato la necessità di un dialogo interattivo (dunque non più a senso unico) con ciascun singolo consumatore, ben identificato e raggiungibile. Bona, infine, forte dell’esperienza della nuova società fornitrice di content e digital solution, ricorda che la vera barriera all’ingresso, quando si fa innovazione, è data dai processi, che vanno rinnovati e gestiti in modo adeguato. Ma basta? No, si tratta del pre-requisito. Per avere successo occorre garantire un’offerta di qualità in tempi rapidi. E saper ascoltare il cliente. Come ai vecchi tempi.