Il Gruppo Italiano Rotocalco di Acimga sta lavorando a una bozza di norma ISO dedicata alla stampa roto di packaging. Gli obiettivi, molto concreti, sono di ordine tecnico, gestionale e di “politica internazionale”, e prospettano vantaggi rilevanti. Intervista al coordinatore, Carlo Carnelli.
La famiglia di norme ISO 12647 sulle Arti Grafiche si articola in una serie di documenti che definiscono gli standard, condivisi a livello internazionale, sulle “buone pratiche” nella stampa offset a foglio e a bobina, rotocalco editoriale, serigrafica, flexo, digitale eccetera. Con un vuoto importante: manca l’ISO sulla stampa rotocalco di imballaggio che, come noto, richiede la messa in campo di flussi e strumenti specifici, differenti da altre applicazioni.
Il Gruppo Italiano Rotocalco di Acimga ha deciso di colmare la lacuna e sottoporre la proposta al tavolo di lavoro competente, candidandosi così a tirare le fila in un campo in cui l’industria italiana spicca per eccellenza a livello globale. Cosa significa e, concretamente, a cosa serve la nuova norma ce lo spiega Carlo Carnelli di ColorConsulting, dal 2008 nominato dall’UNI esperto per l’ISO TC130, coordinatore nazionale della sottocommissione UNI U50010902 “Tecnologia Grafica” e da fine 2019 responsabile del Comitato Tecnico-Normativo di Acimga. Un incarico accettato con slancio: «Nel gruppo roto e più in generale in Acimga ho riscontrato un livello di partecipazione e responsabilità rari. Insieme alla concretezza di obiettivi e progetti, rappresenta una premessa vincente per lavorare con efficacia e i primi risultati lo dimostrano chiaramente: la Guida alla stampa rotocalco, pubblicata in italiano e inglese in pochi mesi, l’avvio “just in time” dei lavori per la norma ISO sulla roto per il packaging e altri interventi non programmati, che hanno richiesto competenza e immediatezza di risposta. Così strutturati possiamo far sentire con forza la voce dei costruttori italiani in sede internazionale, difendendo un know how e un’industria che meritano attenzione e riconoscimento».
Perché una norma ISO per la stampa roto di imballaggi?
Le norme ISO definiscono delle “buone pratiche” condivise all’interno della filiera a livello internazionale, riguardanti il flusso di lavoro nelle diverse industrie: dalla comunicazione al processo ai controlli. Definiscono dunque, di fatto, anche gli standard di qualità di riferimento e rappresentano un documento prezioso in caso di controversie fra partner. Sono molto utili, ad esempio, quando fornitore e cliente – nel nostro caso stampatore e brand owner – non posseggono tutte le competenze necessarie a tradurre in dati intersoggettivi le caratteristiche del lavoro da eseguire: colore, lineature, tolleranze… e spesso non si capiscono.
Ma non solo: condividere una procedura semplifica di molto il lavoro. Sicuramente dello stampatore, che può allestire un unico flusso di riferimento accettato dalla maggior parte dei clienti, ma anche del costruttore di macchine che, in sede di collaudo, può affidarsi a una procedura standard.
Che relazione c’è fra gli standard ISO e le certificazioni di qualità?
Idealmente dovrebbe esserci una relazione diretta e univoca: l’ente certificatore lavora ad accertare la corrispondenza di prodotti, servizi eccetera alle norme ISO e l’impresa ne ricava informazioni preziose per migliorare i processi interni, raggiungendo una maggiore efficienza e tutte le conformità necessarie a ottenere/rinnovare il certificato. Purtroppo non sempre è così. Soprattutto in Italia (ma non solo), le aziende hanno sottostimato l’importanza reale della certificazione ISO e invece di impegnarsi per raggiungere i livelli di qualità che ne derivano, spesso la vedono solo come un “timbro” da esibire.
Ma è un errore grave. La certificazione serve a guidare la riforma delle procedure e delle produzioni delle imprese in vista di un concreto e migliore livello di qualità e prestazione ed è per questo che diventa anche strumento di marketing internazionale.
Sappiamo che ai tavoli ISO e UNI si giocano anche partite “politiche”, a sostegno dell’una o dell’altra lobby nazionale. Ma cosa significa in sostanza?
Faccio un’ipotesi semplice per chiarire: se in una nazione costruiscono macchine che non sono in grado di raggiungere le prestazioni di quelle italiane, i loro rappresentanti lavoreranno in sede ISO per modificare gli standard di qualità – in tal caso verso il basso. In questa sede i giochi “politici” hanno dunque obiettivi molto concreti di presidio del mercato.
Altre volte, invece (ma le due cose in realtà sono collegate), si fa “branding”: le trattative mirano a confermare la leadership di una nazione in una data tecnologia, attestandone il prestigio. È questo il caso del nostro Paese in ambito roto, dove è più che legittimo che sia il Gruppo Italiano Rotocalco a capofila di una norma ISO: insieme ai tedeschi e agli svizzeri (se vogliamo considerare di Bobst la sede corporate), sono infatti i nostri costruttori i leader mondiali, e che siano loro a definire gli standard di qualità lo suggella. Sempre che tedeschi e svizzeri non aspirino allo stesso ruolo…
Eravamo già pronti in vista del meeting di Berlino, che è saltato per via del Covid-19, con definito titolo, scopo e indice, e con il necessario appoggio di un certo numero di nazioni. Quindi riprenderemo di buona lena!
Che tempistiche prevede per giungere alla pubblicazione?
Poiché ogni passaggio ed emendamento del testo deve essere approvato da tutti i partecipanti al tavolo, le tempistiche possono variare da 12 a 24 o addirittura 36 mesi. Poiché la roto è una tecnologia consolidata e, almeno in occidente, con un numero di attori relativamente contenuto, possiamo ragionevolmente puntare ai 24 mesi. A meno, come accennavo, di problemi avanzati da altri Paesi, o anche da istituzioni di rappresentanza interessate ad attestare la propria influenza in questo settore. Una cosa è certa: la coesione e velocità di risposta del gruppo roto di Acimga rappresentano un grande vantaggio.
In ambito ISO avete portato avanti altri lavori inerenti la roto?
Sì. Nei mesi scorsi un altro gruppo di lavoro (il WG13) dell’ISO TC130 stava per pubblicare una specifica tecnica (la ISO/TS 19303-1 Graphic Technology – Guidelines for Schema Writers – Part 1: Packaging printing) con i relativi allegati per ogni processo di stampa, dove però la parte riguardante la rotocalco era poco più che menzionata. Avendo appena formato il gruppo in Acimga abbiamo chiesto subito una proroga di tempo all’editor del documento, che ci ha concesso un mese per stilare un testo adeguato: lo abbiamo realizzato in tempi record e la dovuta cura, tanto che è stato accettato da tutti e ora fa parte della norma.
Per Acimga lei segue anche altri tavoli e altre problematiche: cosa bolle in pentola?
Di carne al fuoco ce n’è molta. Oltre che ai gruppi di lavoro come il WG3, dove si parla di processi e controlli, partecipiamo al Work Group 13 impegnato a riscrivere le regole che gli enti certificatori devono adottare per evitare che aziende con lo stesso certificato di qualità ISO in realtà lavorino in modo diverso, com’era accaduto per esempio nell’offset. Inoltre ci stiamo attivando nel WG11 sull’impatto ambientale delle arti grafiche, dove si sta avviando la stesura di una norma specifica sul packaging. Presidiare questi tavoli in maniera strutturata, su tutte le tecnologie e tematiche, e con tutta la forza di un’intera industria è fondamentale.
E la normativa macchine?
È imprescindibile: per Acimga continuerò a presidiare i lavori, con il supporto degli esperti di volta in volta opportuni in quanto, personalmente, non sono un esperto di sicurezza. Con una convinzione: il lavoro sulle norme, qualunque esse siano, va fatto anzitutto a livello nazionale perché chi vota, infine, sono le nazioni; inoltre con un forte impatto nazionale possiamo portare benefici a tutta la filiera.